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Tesis Doctoral

dc.contributor.advisorRamírez Almazán, María Doloreses
dc.contributor.advisorArriaga Flórez, Mercedeses
dc.creatorDe Feo, Lucaes
dc.date.accessioned2017-02-03T12:28:28Z
dc.date.available2017-02-03T12:28:28Z
dc.date.issued2012-05-22
dc.identifier.citationDe Feo, L. (2012). Case editrici: femminile plurale. (Tesis doctoral inédita). Universidad de Sevilla, Sevilla.
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/11441/53633
dc.descriptionTesis descargada desde TESEO
dc.description.abstractIn Arrivederci piccole donne, di Marcella Serrano, una ragazza sogna di aprire una casa editrice. Il suo modello è quella di un'altra donna: Virginia Woolf. Esiste un modo delle donne di operare nell'editoria così come ne esiste uno di scrivere? Questa la questione che le pagine che seguono provano ad affrontare. Inizieremo fornendo un quadro storico dell'editoria italiana. Il punto di partenza sarà l'anno 1861, quello in cui l'Italia unì i propri confini politici e, con essi, il mercato editoriale. Vedremo quanto, dall'abbattimento delle frontiere interne, è cambiato. Le case editrici hanno raggiunto, oggi, il numero di settemilaseicento. Al loro interno la maggioranza degli impiegati sono donne. Un secolo e mezzo fa la figura dell'editore era assimilata con quella del tipografo. Quanto alle donne, nella Parigi all'avanguardia di allora, il loro accesso alla carriera di tipografo era vietato. Le prime donne che compaiono nella storia dell'editoria sono vedove dei fondatori. Il fatto, però, che spesso le attività proseguissero senza fratture, lascia arguire anni di lavoro nell'ombra. Esso verrà alla luce del sole con i movimenti femministi. Ciclostili, riviste in grado di rilanciarsi e superare le crisi, siti internet, non potevano però esaurirsi in un discorso complessivo. Né il quadro poteva ridursi alla rievocazione o ai bilanci delle reduci. In forme meno ideologiche come blog, periodici o marchi non solo votati a temi femminili, iniziative che si fanno portavoce delle istanze delle donne continuano a nascere. A quasi venti di esse dedicheremo schede specifiche che ne dettaglino storie e linee editoriali. Doverosa era la menzione di Noi donne, una storia che inizia in esilio, prosegue in clandestinità, vive gli anni della contestazione conquistandosi l'autonomia dal partito, cessa le pubblicazioni e quindi rinasce, nella versione attuale. Per il resto abbiamo privilegiato le testate che abbiano avuto un ruolo nel dibattito femminista e quelle che presentassero un contenuto letterario. Quanto ai siti internet, il criterio è andato al di là del numero di accessi e del contenuto letterario. Abbiamo preferito lasciare in secondo piano siti istituzionali, accademici e di associazioni anche autorevoli. L'aspetto che andava sottolineato, riteniamo, è l'eterogeneità delle iniziative in cui le donne si cimentano. Abbiamo tentato di darne conto recensendo blog, siti che sono delle vere testate registrate ma anche pagine telematiche dagli accenti quasi arcadici. Possono essere loro la soluzione ai limiti della editoria femminista che Maria Crispino lamentava già venticinque anni fa. L'editoria femminista scontava, e tuttora sconta, una penuria di mezzi che le impedisce l'accesso ad una distribuzione che la porti fuori dall'autoreferenzialità. Del resto, anche nel libro di Serrano, il fatto che aprire una casa editrice sia un sogno è dovuto al fatto di non avere abbastanza fondi. Eppure è seguendo l'esempio delle prime case femministe che, anche inconsapevolmente, tante donne si sono cimentate in avventure editoriali. Le loro sono state case editrici ostinate e pazienti – il modello è La tartaruga – ma anche fantasiose e anticonformiste, come Sottosopra. Hanno conquistato l'egemonia culturale. Il concetto, gramsciano, si lega a quello di cultura nazionalpopolare. Ad essa hanno concorso fotoromanzi, rotocalchi, romanzi rosa e, da ultimo, il fenomeno dei chik lit. Insieme, compongono la così detta paraletteratura. Le sue tirature sono multiple di quelle delle testate femministe e, non di rado, l'avversano. Esamineremo come. Riporteremo, nel concreto, l'atteggiamento dei fotoromanzi e della posta dei lettori verso il mutamento sociale. Anticipiamo che riviste patinate e romanzi rosa sono organi della conservazione. La loro modernità è strumentale al consumismo. Le lotte delle donne vi vengono non di rado osteggiate, le loro conquiste banalizzate. Anche di questo genere di pubblicazioni abbiamo ripercorso la storia che, peraltro, pesa più di quanto si creda su quella nazionale. È sulle “riviste per signore” che si è formata buona parte della conoscenza nazionale. È leggendo le loro pagine che le italiane hanno adottato una lingua e poi abitudini e consumi comuni. È tra le righe delle risposte alle loro lettrici che autrici come la Marchesa Colombi consigliavano un'accondiscendenza opportunistica. Perchè è sulle loro pagine che scrivevano e scrivono le autrici dei libri campioni di vendita. Come è evidente, il discorso parte dalle case editrici, include le scrittrici e, infine, vira sulle lettrici. Ma comprendere cosa viene proposto alle lettrici aiuta a comprendere la voglia, da parte di tante di loro, di darsi all'editoria. Laura Lepetit disse di aver fondato la sua casa editrice per editare un libro che in Italia mancava e che riteneva necessario. Anche il personaggio del libro di Serrano, in fondo, sebbene come editrice, sogna di emulare una scrittrice. La nostra analisi, quindi, cerca di considerare tutti i punti d'osservazione possibili. Guarda, cioè, alle donne in quanto lettrici e in quanto autrici. Anche quando, secondo una tradizione antica, esse si presentano con degli pseudonimi. Dove, invece, le firme indicano inequivocabilmente un autore, è nel giornalismo. In quell'ambito le donne si avviano, quanto ai numeri, a prevalere. Su quanto la maggioranza comporti un effettivo potere la discussione è aperta. Alcune voci denunciano la permanente assenza delle donne dai vertici delle testate. Altre le attribuiscono un modo di incidere sull'opinione pubblica che andrebbe al di là degli organigrammi. Oriana Fallaci, in altre parole, non avrebbe visto aumentare la propria autorevolezza dalla direzione di un giornale. Anche l'apporto delle donne al giornalismo nel suo complesso non è soggetto a una lettura univoca. Miriam Mafai , tra le altre, riconosce alle donne il merito di una benefica iniezione di frivolezza. Forse ciò che le donne possono dare va oltre. Forse il semiotico non si riduce ai pettegolezzi sui politici. Individuarlo e definirlo ha richiesto decenni di ricerche. Gran parte di esse attengono proprio ai modi espressivi. L'approdo, in estrema sintesi, è stato che il logos è maschile, mentre della donna è peculiare l'espressione dei sentimenti, il semiotico, appunto. Anche per questo l'editoria sulla quale ci concentriamo è sull'editoria letteraria. Rosi Braidotti afferma che la scrittura può ricomporre linguaggi logos-intensivi (come la scienza) e pathos-intensivi (la letteratura e la poesia). È stato questo, in fondo, l'obiettivo di autrici come Helene Cixous e di Luce Irigaray. Ognuna ha tentato di scartare dal patriarcato, uscire dall'alveo del consueto, proporre una prospettiva nuova. Sono le stesse finalità che si è posta la casa editrice il Caso e il Vento, di Sandra Giuliani. Il suo prodotto di punta sono gli audiolibri. Il modo di promuoverli è orizzontale: la declamazione da parte di persone confuse tra il pubblico. Anche la distribuzione, affidata al passaparola, cerca di mettere in discussione le gerarchie, di esplorare vie nuove. Quella di Sandra Giuliani è solo una delle numerose case editrici che abbiamo consultato sul tema della scrittura delle donne. Sulla stessa questione abbiamo sollecitato anche addetti ai lavori e femministe storiche: da Giampiero delle Molle, direttore della più diffusa rivista letteraria italiana, al compianto Vincenzo Consolo a Daniela Percovich a Piera Codognotto a Luciana Tufani. Le loro riflessioni hanno integrato la nostra lettura di Julia Kristeva e il resto del nostro bagaglio bibliografico. Ne abbiamo ricavato qualche sorpresa e qualche conferma. Sarebbero, ad esempio specialmente le donne a proporre manoscritti a contenuto erotico. Da Alda Merini a Dacia Maraini, del resto, l'importanza dei sensi, nella scrittura delle donne, è un dato assodato. Coniugato con il peso che le scrittrici tradizionalmente attribuiscono ai sentimenti, esso permette di individuare una modalità alternativa alla logica prettamente celebrale degli uomini. Detto delle caratteristiche della scrittura delle donne, ci siamo soffermati sui messaggi dei loro prodotti più recenti. Abbiamo verificato quanto e come nelle autrici degli ultimi anni sia presentato il superamento del patriarcato. A cui, peraltro, non mancano di opporsi espressioni letterarie di un sistema editoriale oligopolistico che Andrè Shriffin ha denunciato. Ancora una volta, la scrittura ci invita a guardare all'editoria nel suo complesso. Quindi al posto che vi ricoprono le donne in ogni ruolo, non solo nelle foto dei risvolti di copertina. Sul tema abbiamo raccolto le voci delle case editrici, dai titolari fino agli stagisti. Il quadro che ne abbiamo ricavato è articolato. L'insoddisfazione per gli scarsi riconoscimenti di qualcuno si sposa con la consapevolezza che tra i settori produttivi, per le donne, l'editoria rappresenta un settore privilegiato. Alberto Castelvecchi , tra gli altri, ci ha fornito una chiave d'interpretazione comune a quella che già avevamo visto proporre per la distanza delle donne dai ruoli direttivi dei giornali. In sintesi non è necessariamente dalle poltrone dei dirigenti che una donna può incidere su di una casa editrice. Al contrario, per restare nella metafora, è dagli sgabelli più operativi, magari, che si indirizzano giorno per giorno le imprese editoriali. Rintracciarvi un nuovo ordine simbolico è probabilmente qualcosa di mai tentato prima. Significa andare al di là delle singole opere e cercarne un filo rosso che dia al loro insieme un ulteriore significato. Cogliere, al di là delle dichiarazioni programmatiche, una linea editoriale. E, da ultimo, verificare un comune denominatore tra le case editrici di donne. Come, ad esempio, il proporsi come ponte di culture. Iperborea, Zandonai, Voland sono case editrici fondate da donne e da donne quasi totalmente formate. Il loro lavoro si pone in ideale continuità con Fernanda Pivano. Con il loro tradurre opere di letterature lontane o ritenute secondarie, tutte confermano quella specialità nomade che Rosi Braidotti riconosce alle donne. Ma questa è solo una, e forse la più evidente, delle peculiarità che sembra caratterizzare il cospicuo numero delle case editrici esaminate. A questo riguardo urge una nota metodologica. Il lavoro poggia su opinioni raccolte da addetti ai lavori: titolari di case editrici e stagisti, curatrici di collane, una direttrice di giornale come Tiziana Bartolini, una storica del femminismo come Piera Codognotto e un ex editore ora esperto di comunicazione come Alberto Castelvecchi ed altri ancora. Consultandoli, abbiamo voluto cercare spunti per la nostra ricerca ma anche registrare il clima che si respira all'interno del settore. Le interviste si sono svolte negli ultimi tre anni. In buona parte hanno avuto luogo nelle occasioni deputate agli incontri con le case editrici, cioè le fiere. In generale abbiamo modulato domande e l'occasione in cui formularle a seconda del soggetto che avevamo di fronte. Piera Codognotto, per esempio, ci ha accolti nella biblioteca in cui lavora, Tiziana Bartolini, direttrice di NoiDonne, presso la Casa Internazionale della donna di Roma, Alberto Castelvecchi presso l'università Luiss di Roma, Vincenzo Consolo a margine di un convegno. Altri incontri hanno avuto sedi più informali: conviviali, come nel caso di Anna Maria Crispino, o addirittura domestiche come nel caso di Luciana Tufani o della distributrice Cecilia Rossi. Di fronte a tanta eterogeneità, le questioni poste non potevano prevedere un asettico formulario. Le nostre, quindi sono state conversazioni tarate sul soggetto che avevamo di fronte: A Marianna Martino, titolare ventenne di una casa editrice surrealista, non sarebbe servito domandare lo stesso contributo che a Luciana Percovich, teologa femminista legata al movimento da quasi mezzo secolo. A tutta la nostra ricerca, qualitativa, abbiamo dato infine, una cornice di dati e statistiche. Quante sono le donne impiegate in editoria, quali sono, effettivamente, le mansioni che svolgono più di frequente, quali sono, infine, le tendenze. Al termine di un lavoro che si è data una lente cronologica, abbiamo guardato alle prospettive. Dopo anni di crescita, nell'ultimo anno il numero di case editrici è calato, si diffonde l'acquisto di libri on line, i generi letterari sono in discussione. Nuovi mezzi potrebbero soppiantare il supporto cartaceo e la nostra stessa idea di lettura. È ora, più che mai, di verificare quali frutti stiano dando, anche nell'editoria, i semi irrigati dall'inchiostro dei ciclostili quasi mezzo secolo fa.es
dc.formatapplication/pdfes
dc.language.isospaes
dc.rightsAttribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 Internacional*
dc.rights.urihttp://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/*
dc.subjectPosición social de la mujeres
dc.titleCase editrici: femminile pluralees
dc.typeinfo:eu-repo/semantics/doctoralThesises
dcterms.identifierhttps://ror.org/03yxnpp24
dc.type.versioninfo:eu-repo/semantics/publishedVersiones
dc.rights.accessRightsinfo:eu-repo/semantics/openAccesses
dc.contributor.affiliationUniversidad de Sevilla. Departamento de Filologías Integradases
idus.format.extent324 p.es

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